Antonino nasce probabilmente tra il 270 e il 275 d.C. da una famiglia distinta, e in giovane età entra nella Legione Tebea, voluta da Diocleziano nel 292 d.C.
Questo esercito includeva infatti giovani di buona famiglia provenienti dal nord dell’Egitto. La legione si sposta in Mesopotamia e poi a Colonia Agrippina (attuale città tedesca Colonia), ma volgendo verso sud la legione è chiamata a catturare i Cristiani e a seguito di un rifiuto la legione Tebea stessa verrà perseguitata. Una parte dei legionari saranno uccisi nell’attuale Svizzera e una parte riuscirà a fuggire. Al gruppo di fuggitivi appartiene Antonino, che secondo la tradizione si aggregò ai gruppi cristiani di Piacenza con i quali svolse riti di culto Cristiano.
Era il 303 d.C. quando nei pressi di Travo o Caverzago avvenne il martirio di Antonino, unico legionario del quale si tramanda la storia, forse perché si era distinto tra gli altri che come lui avevano scelto di seguire il culto cristiano.
Dopo la morte le spoglie furono raccolte, inclusa un’ampolla contenente il sangue, e sepolte fuori dalle mura della città nel cosiddetto “pozzo” sopra il quale sorge la chiesa di Santa Maria in Cortina. Esistono sue iscrizioni che ricordano la sepoltura delle spoglie di Antonino di Apamea, così chiamato perché la Legione sostò per un periodo nell’omonima città siriana.
La basilica fondata dal primo vescovo di Piacenza Vittore e dedicata all’omonimo santo risale nelle sue prime forme al periodo successivo al 322 d.C. quando a seguito dell’apertura costantiniana il cristianesimo aveva ottenuto un riconoscimento. Il secondo vescovo di Piacenza Savino salito al soglio dopo il 374 fu colui che ritrovò le spoglie del santo e decise di farle traslare nel 400 d.C. in quella che era la Cattedrale di Piacenza, pur essendo posta fuori dalle mura verso Sud.
Le spoglie ritrovate l’11 novembre furono traslate in quella che divenne la chiesa dei Santi Vittore ed Antonino.
La forma originaria della chiesa doveva essere ad aula unica ed essere costruita su una direttrice Ovest-Est. I successivi ampliamenti, oggi ancora visibili, risalgono principalmente al periodo del vescovo Sigifredo a cavallo dell’anno Mille, quando si inseriscono il transetto, e la torre ottagonale. Dal XIII si inizia la sistemazione del lato Nord, dove nel 1350 viene ultimato da Pietro Vago il portico detto del Paradiso. L’interno subisce un profonda alterazione, prima nel 1495 con la sostituzione delle capriate con volte in stile tardo gotico, poi nel periodo post tridentino quando viene realizzato il coro dietro all’altare; nel XVII secolo si realizzano inoltre gli affreschi.
Nel 1853-56 avviene il primo ciclo di restauri, al quale seguono all’inizio del Novecento quelli progettati da Giulio Ulisse Arata, che stabilizzeranno la torre rendendo possibile la riapertura di tutti gli ordini di finestre chiuse nel 1530 per dare stabilità alla struttura.
Il culto del santo patrono e la collocazione della basilica sono origine di una ricca raccolta di documenti e oggetti d’arte sacra in parte esposti in basilica, in parte spostati, dopo il restauro di Arata, presso il museo capitolare.
DOSSALI
Attribuiti ad un maestro emiliano vissuto nel Quattrocento, rappresentano:
- Il più interessante le storie di Antonino, dalla partenza con il vessillo della legione Tebea, al viaggio in Terrasanta, alla predicazione, alla decollazione nei pressi di un fiume, sino alla fase di riscoperta del corpo da parte del Vescovo Savino, alla traslazione e infine ai funerali. Questo dossale è probabilmente ispirato dalle opere di Antonio del Carro, specialista in materia di dossali, mostra uno stile prosaico e solenne. L’uso che ne venne fatto fu probabilmente di cataletto/portantina, durante gli spostamenti ed esposizioni delle reliquie del santo.
- L’altro dossale rappresenta al centro il Santo Padre con la colomba dello Spirito Santo e attorno sei profeti; nella parte soprastante al centro una crocifissioni e ai lati santi vescovi e cardinali.
ABITI LITURGICI
Tra gli abiti liturgici piviali e pianete.
- Interessante la Pianeta bianca con decorazione floreale rosso e oro utilizzata da Papa Pio VII che, di passaggio a Piacenza nel XIX secolo, fu ospitato in casa Chiapponi (Via S. Siro-Via Giordani) e celebrò messa indossando questa Pianeta, sulla quale era stato ricamato il testo che diceva “lo indossò Papa Pio VII”. Le Pianete anticamente se appartenute a importanti personaggi portavano gli stemmi relativi al vescovo o cardinale.
- Il Piviale invece viene utilizzato per celebrazioni al di fuori della Messa.
I RELIQUIARI
Le reliquie più importanti oltre a quelle esposte sotto all’altare maggiore e che appartengono presumibilmente ad Antonino e a Vittore(Primo vescovo di Piacenza) sono
- La sacra Spina: che la tradizione vuole appartenuta alla corona di Cristo. Per l’esposizione sono stati utilizzati un reliquiario che lasciava vedere la reliquia da una croce in vetro decorata, realizzato nel XVII – XVIII secolo e in seguito un reliquiario a edicola retto da un piedistallo decorato da pietre preziose donate dai parrocchiani negli anni Trenta.
- La reliquia di Gregorio X ovvero Tedaldo Visconti che fu canonico di S. Antonino. Visse il travagliato secolo del Duecento (1210-1276) dedicatosi all’attività ecclesiastica fu a fianco del cardinale Jacopo da Pecorara ottenne l’arcidiaconato di Liegi, partecipò all’ottava Crociata, studiò a Parigi e infine salì al soglio pontificio dopo il lunghissimo conclave di Viterbo durato dal 1268 al 1271. Divenuto Papa si dedicò alla pacificazione tra Guelfi e Ghibellini nella città di Piacenza e si pose come obiettivi l’unione del cristianesimo e una nuova Crociata. A Piacenza durante il suo pontificato riuscì attraverso ad un matrimonio a portare un breve periodo di pace tra i Landi e gli Scotti; dopo la sua morte, la scomparsa di Galvano Landi e Rinaldo Scotti, Ubertino Landi fu di nuovo costretto alla fuga dalla città e ripresero le lotte tra le fazioni.
Il reliquiario si compone di una teca quadrangolare a tempietto coperta da edicola , ai quattro angoli sono poste altrettante nicchie che includono figure rappresentanti santi. Il tutto poggia su un piedistallo.
I CALICI
Di raro interesse il calice in oro e argento che alla base presenta le statuette delle virtù teologali Fede, Speranza e Carità.
OSTENSORIO
Ha diamanti attorno alla lunetta nella parte superiore.
DIPINTI
- Incoronazione della vergine G.B. Trotti detto il Malosso. Il pittore di origine cremonese, allievo del suocero Bernardino Campi, è pittore di maniera, esperto delle istanze della controriforma, come mostrano gli altri dipinti presenti in città. Nato nel 1555 in pieno concilio di Trento, nel 1604 diventa pittore di corte di Ranuccio Farnese. Si occupa di decorare il palazzo del Giardino e di realizzare apparati per le cerimonie. A Piacenza lavorerà anche su commissione per enti ecclesiastici: San Francesco, S. Agostino.
- Bozzetti di De Longe.
Roberto De Longe nato alla metà del Seicento, si trasferisce a Roma nel 1680 dove conosce l’artista cremonese Agostino Bonisoli che lo condurrà al proprio seguito nella città lombarda. La sua fama lo porterà a Piacenza, dove lavorerà per committenti pubblici, privati e religiosi. Per la Basilica di S. Antonino realizzerà le quattro tele che decorano il presbiterio, nel 1693 oltre alla pala raffigurante Vittore e Antonino che ammirano la reliquia della sacra spina. Le storie di Antonino narrate dal fiammingo sono precedute dalla realizzazione di bozzetti in piccolo formato, che sono riconducibili alle scene della decollazione e dell’inventio del corpo. Il dettagli nella descrizione è ascrivibile alla cultura nordico fiamminga, ma in questi bozzetti si trova ricerca del movimento ricchezza dei panneggi e senso del pathos che appartengono alla cultura italiana dell’epoca nella quale è fiorito il Barocco. - Nelle sale e nei corridoi si incontrano ritratti minori, che raffigurano probabili benefattori della basilica, oltre ad un ritratto di Antonino a Cavallo di un autore di ambito lombardo quattrocentesco che sembra rifarsi al Mantegna.
I DOCUMENTI
L’archivio capitolare di S. Antonino è molto ricco e conserva documenti di rilievo non solo per la città ma per la storia d’Italia. Della seconda metà del 1100 (1170-80) è il documento con il quale i cittadini di Piacenza chiedono all’Imperatore (Federico Barbarossa) alcuni diritti come la libera elezione dei consoli, la possibilità di trattenere i tributi, di rendere definitive le sentenze oltre alla possibilità di restare fedeli alla Chiesa senza subire ritorsioni.
Altri documenti attestano i privilegi che nel corso della storia la Basilica ha ottenuto da Ludovico il Pio, Carlo il Grosso Lotario ecc.
Non mancano corali quattrocenteschi codici miniati e salteri.
Bibliografia di Riferimento:
- Fermi, Sant’Antonino, coll. Le chiese di Piacenza, Piacenza, 2008
Sant’Antonino culla di Piacenza, Piacenza, 1986
Fabio Malusardi, Piacenza in età viscontea. Politica, economia e fiscalità: la gabella del sale. Tesi di Laurea Università degli studi di Milano 2010-2011
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